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Diciamo basta all'hate-following e all'hate-watching

Potrebbe essere un'attività poco costruttiva

Diciamo basta all'hate-following e all'hate-watching Potrebbe essere un'attività poco costruttiva

Il mondo dei social, ormai, segue regole di relazione e comportamento tutte sue, che comprendono diverse sfumature che nella vita vera non esistono. Pensereste mai, ad esempio, di includere nel vostro gruppo di amicizie una persona che non vi piace, solo per sapere cosa fa, cosa combina, insomma tutti i dettagli della vita privata che è disposta a raccontarvi? Oppure, in maniera simile, a tenervi vicino una persona che prima vi stava simpatica e adesso non più solo per poter parlare di lei alle sue spalle con altre persone? Probabilmente (giustamente) no. Sui social, però, questo comportamento è codificato e ha persino un nome: stiamo parlando dell’hate-following

Cosa significa hate-following?

È successo a tutti. Avete sentito di una storia scandalosa pubblicata da qualcuno (probabilmente un influencer) e siete andati a vedere, rimanendo intrappolati in una spirale di biasimo e curiosità. Alla fine, ormai rapiti dalle vicende, avete premuto il tasto follow, e adesso non vi perdete più neanche un contenuto, anzi ne parlate con gli amici ogni volta che potete. Oppure, in maniera ancora più subdola, avete iniziato a seguire qualcuno perché vi piaceva e poi avete scoperto, nel giro di settimane, mesi o anni, che invece il suo personaggio non si allinea più con la vostra vita, i vostri ideali, i vostri interessi. Eppure, siete rimasti a guardare, in qualche modo intrattenuti, come si fa con una mosca spiaccicata sul parabrezza, senza riuscire a distogliere lo sguardo. Tutto questo è hate-following o hate-watching.

Una tendenza innocua, almeno apparentemente

La spinta può risultare comprensibile. Agli esseri umani piace amare e apprezzare tanto quanto piace odiare, disprezzare, commentare in maniera liberamente cattivella persone che, alla fine della fiera, non si conoscono neanche. Che male c’è? É un passatempo come un altro, leggero e potenzialmente senza rischi o ripercussioni. È come continuare a guardare Uomini e Donne anche se abbiamo smascherato tutte le dinamiche e ci dà fastidio sentir urlare queste macchiette acchitate ad arte, solo per poter sfogare la nostra voglia di odiare su qualcuno che non ne sentirà mai gli effetti, per sentirci migliore, per definirci per contrasto a loro. È liberatorio, quasi, anche perché tra il soggetto odiante e l’oggetto odiato c’è una sana distanza. Alla fine della fiera, non si fa del male a nessuno. O, almeno, così potrebbe sembrare. 

@samisagesays No one’s as great as the first time you discover them #influencer #socialmedia #influencersinthewild #instagram original sound

Stiamo aiutando il brutto ad avanzare?

I limiti di questa tendenza sono due. Uno, il primo, è quello più tecnico e oggettivo. Non ci rendiamo conto di quante celebrità tossiche e sboccate facciano affidamento sull’hate-watching, spesso creando ad arte personaggi odiosi e controversi per attirare follower, views e quindi anche ritorno economico, collaborazioni con i brand, possibilità lavorative e chi più ne ha più ne metta. Personaggi televisivi come Morgan o come Vittorio Sgarbi non ci hanno insegnato proprio nulla? L’hate-watching vende, la provocazione pure. Che le views arrivino da sostenitori o da hate-watchers curiosi e sfaccendati proprio non interessa a nessuno: quello che conta sono i numeri. Più alti sono, più la persona in questione avrà opportunità di farsi sentire, di espandersi, di fare carriera, di venire chiamato su altri profili o sul piccolo schermo. Esiste la possibilità concreta che, nel nostro apparentemente innocuo hobby, stiamo aiutando qualcosa di brutto o a cui non ci assoceremmo mai ad avanzare nel mondo. 

@itseilisepatton lets catch up

L'hate-watching influisce sull'umore

Il secondo limite è più soggettivo, ma non meno importante. Ammesso e non concesso che il gossip sia inevitabile e abbia anche una certa funzione storico-sociale utile, abbiamo mai pensato a  quanto tempo togliamo alla nostra vita, tutti occupati in questa attività un po’ perversa? Pensare male, alla lunga, influisce sul nostro umore e sulla nostra visione della vita. Non sarebbe meglio, dunque, ritagliarci uno spazio felice che ci arricchisca e diverta o perlomeno non ci provochi attivamente irritazione e dispiacere? E non si sta parlando certo di bolle. Interagire solo con persone che sono d’accordo al 100% con noi non può essere un bene. Esiste, o dovrebbe esistere però un limite a quello che ci infliggiamo, un equilibrio perfetto di dibattito e positività. E se nella vita, sul lavoro, al bar e in ufficio è impossibile operare questo tipo di selezione, allora perché non tagliare un po’ di rami secchi sui social?

@therapyjeff Stop hate following people! #mentalhealth #therapy #therapytok #mentalhealthmatters #relationshiptips #socialmedia #anxiety #hatefollower #hatewatch original sound - TherapyJeff

Liberarsi dell'odio, un po' alla volta

Quello dell’hate-watching e simili, alla fine della fiera, è un’attività che ci rende passivi e sottomessi ai meccanismi dei social. Ci sembra di fruire dei contenuti innocenti e magari ci diverte anche inalberarci un po’, ma la verità è che questi contenuti non solo li subiamo, ma li aiutiamo anche attivamente, senza volerlo, li facciamo entrare nella nostra vita e nella nostra mente. Disabituarsi, lentamente, giorno dopo giorno, a vedere certe facce, togliergli qualsiasi tipo di audience e di influenza sul nostro umore, potrebbe essere un buon modo di fare del bene a noi e alla sfera social di tutti.