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La Feminine Rage non è sexy, è vera

Lo stereotipo della donna che soffoca i suoi sentimenti in una lacrima silenziosa non è utile sul grande schermo, tanto meno nel mondo reale

La Feminine Rage non è sexy, è vera Lo stereotipo della donna che soffoca i suoi sentimenti in una lacrima silenziosa non è utile sul grande schermo, tanto meno nel mondo reale

Quante volte, vedendo un film, avresti voluto urlare tu al posto del personaggio femminile che soffoca tutta la sua rabbia in una timida lacrima? Le reazioni silenziose delle donne nel cinema ci hanno stancate semplicemente perché non sono realistiche. “Ho ucciso l’angelo del focolare. È stata legittima difesa” scriveva Virginia Woolf, e non è una sorpresa che avesse ragione. Per andare avanti e liberarci dagli stereotipi nel mondo della recitazione – che dopotutto attinge dal mondo reale – dobbiamo sacrificare quelle ribellioni docili che sono talmente written by a man da farci alzare gli occhi al cielo. La legittima difesa in questo caso sono tutti i contraccolpi che invece vengono mostrati in risposta alla silenziosa rabbia femminile: quella che deve risultare sexy in mezzo alle lacrime, fragile anche se sta per esplodere e soprattutto facilmente placabile da un uomo. Anya Taylor-Joy ha acceso la miccia di questa conversazione in un’intervista per il film “The Menu” con BBC1, dove dice di essere stanca di leggere copioni in cui gli uomini agiscono in modo crudele verso le donne e loro sono costrette a starsene sedute. Quando ha interpretato il personaggio di Margot, ha chiesto infatti al regista Mark Mylod di poter improvvisare una scena in base a come lei credeva che avrebbe reagito il personaggio in questione, ed è lì che l’attrice ha dato vita ad un esempio di feminine rage su grande schermo.

@anyastaylorjoy Anya Taylor Joy talking about feminine rage on a interview with BBC1. Press tour for The Menu #anyataylorjoy #fyp original sound - Anya Taylor Joy

Il fenomeno della rabbia femminile si è spesso rivoltato contro se stesso a causa di pregiudizi storico/culturali che vedono la donna arrabbiata come una minaccia isterica, atipica e irrazionale, per questo non ci si focalizza sul danno a lei recato, ma sulla forza distruttrice – fuori da spiegazioni logiche - che potrebbe creare troppo scompiglio. Le sirene, nella mitologia greca donne metà uccello con pungenti artigli, le streghe con i loro incantesimi, Medusa e i suoi serpenteschi riccioli. La donna triste e ferita invece appare innocua e bella nella sua sofferenza: nobilitata, razionale, elegante. Le donne arrabbiate sono più disordinate, più difficili da trattare, da ascoltare, da rappresentare. Milestone per eccellenza che fa capo alla rappresentazione dell’energia furiosa delle donne ferite, è il famosissimo Gone Girl, un perfetto esempio di come la complessità dell’ira e del comportamento di Amy Dunne siano soffocati dai ruoli di genere imposti dalla società. L’autrice Gillian Flynn disse che sperava, con il suo libro – da cui è tratto l’omonimo film – di aprire un dibattito sulla rabbia femminile, invece di continuare a ignorarla e minimizzarla. In un’intervista con Vanity Fair è proprio Flynn a dire “I think there’s a deep societal fear of female rage, partly because it hasn’t been experienced a lot”, “Men—I speak in vast generalities—are often very afraid of what they don’t know how to handle.” L’autrice poi sempre nella stessa intervista si ricollega al movimento #MeToo, nato nel 2017, dove un numero critico di donne ha provato a parlare delle violenze sessuali subite nel mondo dello spettacolo e non, solo per sentirsi rispondere che la rabbia non fosse il canale giusto per affrontare l’argomento.

@s00thslayer #fyp #gillianflynn Black Swan - Swan Lake - Pyotr Ilyich Tchaikovsky

Un più recente esempio è il distopico film con regia di Olivia Wilde, che ha fatto tanto parlare di sé a causa dei disguidi sul set, ha però dato spazio ad una magistrale Florence Pugh, infatti in una delle ultime scene di “Don’t Worry Darling” la protagonista Alice si ribella contro il marito Jack (Harry Styles), che decide di trasportarla in una simulazione virtuale dove coppie insoddisfatte della loro vita reale possono vivere tramite questo universo una vita soddisfacente. Il pubblico femminile trova semplice immedesimarsi con una donna furiosa per aver subito passivamente una scelta per la quale non è stata interpellata, invece di vederla piangere la vediamo gridare e far valere le sue ragioni. Ed è giusto che tutto questo non avvenga in modo pacato, perché la rabbia esiste, e non è calma.

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Cruella, il film rivisitazione del personaggio di Crudelia De Mon, intepretata da Emma Stone, ci regala un’intelligente e anche innovativa performance di feminine rage. Dopo aver visto la madre essere uccisa dai dalmata di un’elegante baronessa e icona del fashion, decide di sdoppiarsi in due versioni di sé, Cruella ed Estella. Quella a cui è concesso arrabbiarsi e cercare vendetta e quella che conduce una normale vita quotidiana. L’escamotage del doppio è interessante perché in effetti la rappresentazione della donna arrabbiata è come se stravolgesse di colpo il personaggio, piuttosto che assimilare nel medesimo una gamma di caratterizzazione più articolata, si tende ad una frattura. La frattura si ripercuote poi nelle relazioni amichevoli o amorose che la donna ha; quando si arrabbia è facile che chi le sta attorno le dica frasi come “non sei più la stessa”, ma è davvero così?

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Anche nel mondo della musica, il 2023 sembra essere pronto ad un’accoglienza senza paura per la feminine rage, nella top 50 globale troviamo ai primi posti Flowers di Miley Cyrus e Kill Bill di SZA e i lyrics di queste canzoni sono tutt’altro che mansueti. La confusione che creano gli stereotipi sbagliati porta a far sentire anche l’oggetto ritratto come sbagliato, quindi senza tralasciare la necessità di archetipi da cui attingere nel mondo della recitazione, ci auguriamo un anno che sia meno impostato ad un ideale di perfezione calcolata nella rappresentazione dei sentimenti e più diretto verso la libertà femminile – che purtroppo fa ancora cento passi avanti e novanta passi indietro -. È un buon tempismo per la rivoluzione nella cultura pop (e non solo) delle donne arrabbiate, soprattutto dopo le recenti vicissitudini storiche quali l’arresto e omicidio di Masha Amini avvenuto a Teheran, con conseguenti proteste in tutta la nazione. È stato un movimento unico in quanto guidato da giovani donne: un rapporto del governo ha rilevato che l'età media dei manifestanti arrestati era di soli 15 anni. Gli stereotipi femminili non sono mai utili, la rabbia a volte sì.