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La principessa Sissi torna ad ossessionare i fan

Tra mito, realtà e una serie su Netflix

La principessa Sissi torna ad ossessionare i fan Tra mito, realtà e una serie su Netflix

Per anni ce l’hanno venduta come la quintessenza della principessa da sogno. Anni e anni di repliche della trilogia di film con Romy Schneider girata negli anni ’50 ci hanno raccontato una principessa Sissi spensierata che ama gli animali e la vita all’aria aperta, indossa voluminosi abiti pastello gonfiabili e per amore cerca di convivere col rigido protocollo di palazzo, governata da buon cuore, compassione e un pizzico di annacquata ribellione. Eppure vita reale di Elisabetta di Baviera, imperatrice d’Austria, meglio conosciuta come Sissi (o Sisi come si firmava) è stata molto meno romantica e patinata di quanto la mitologia disneyana ci abbia fatto credere. Ora, The Empress, una mini-serie Netflix e Corsage, film in arrivo a dicembre, provano a raccontarcela da un nuovo punto di vista, restituendoci un’immagine alternativa e più complessa di quella scolpita nell’immaginario collettivo. 

Il 29 settembre ha debuttato su Netflix The Empress, mini-serie diretta da Katrin Gebbe e Florian Cossen che si focalizza sulla giovane Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, nata duchessa di Baviera, che grazie all’amore per l’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria-Ungheria si trova catapultata nella corte asburgica e per trovare il suo posto e far sentire la sua voce deve destreggiarsi tra intrighi di potere, guerre e relazioni internazionali, crisi politiche e la perfida suocera Sophia. Così, in un’atmosfera alla The Crown, vediamo le aspettative di Sissi collidere con la realtà di un impero in difficoltà che soffoca ogni individualità.

Al centro di Corsage, presentato nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes, al posto della ragazzina innocente cresciuta nella nobiltà di campagna che si trova quasi imperatrice per caso, c’è una donna di quarant’anni, introversa e insofferente alla vita di corte, che preferisce la reclusione volontaria e la natura al glamour di palazzo. Il film, che si ispira a My Heart Is Made of Stone: The Dark Side of the Empress Elisabeth scritto da Michaela Lindinger, dipinge uno spirito libero e irrequieto, una donna piena di carattere che coltiva un rapporto ambiguo col cugino Ludwig di Baviera, è una fumatrice accanita, ha una dipendenza dall’oppio, passa ore a leggere poesie e studiare greco ed è ossessionata dal proprio peso e dalla bellezza che sfiorisce con l’età. È questo il ritratto, che pur ricordando una sorta di Lady Diana ante-litteram, si avvicina di più alla vera Elisabetta.

"Fumava, assumeva cocaina, e in una taverna portuale greca si fece tatuare sulla spalla l’immagine di un’ancora." Come documentato le fonti, Sissi è stata una donna moderna. Nel bene e nel male. Ogni dettaglio emerso sulla sua a contribuito a crearne un mito complesso, tutt’altro che patinato come i film degli anni ’50 di cui era protagonista. Aveva una passione per i viaggi, lo sport, l’equitazione e per la poesia di Heinrich Heine, ma aveva anche diverse dipendenze, soprattutto dalla cocaina e dall’alcol. Nonché una vera ossessione per l’aspetto fisico. La sua beauty routine era tanto rinomata quanto bizzarra. Si sottoponeva a diete, digiuni, lunghe camminate e sessioni di attività fisica in modo quasi maniacale tanto da mantenere un bacino di cinquanta centimetri per tutta la vita. Pare che il farmacista di corte fosse incaricato di preparare appositamente per lei una crema idratante per il corpo a base di olio di mandorle, acqua di rosa, cera bianca e grasso di balena che alternava a maschere con carne cruda e purea di fragole e bagni nell'olio di oliva caldo. La maggior attenzione era, però dedicata ai lunghissimi capelli che si faceva spazzolare per ore ("quando mi pettino mi permetto di scappare con la mente altrove" era solita dire) e lavava ogni 20 giorni con una mistura di cognac e uova. Donna elegantissima, come vediamo nei ritratti di Winterhalter, Sissi amava stupire e, insieme alla parrucchiera Fanny Angerer amava raccogliere la chioma in trecce e illuminarla con fermagli di diamanti a forma di stella, che si abbinavano perfettamente con la cascata di tiare, bracciali, collane e anelli che era solita indossare. La bellezza e la giovinezza per lei erano una sorta di schiavitù, tanto che smise di farsi ritrarre dopo in 30 anni e, dopo il suicidio dell’amato figlio Rodolfo, si lasciò cadere nella depressione, di cui aveva sofferto per tutta la vita, allontanandosi sempre più dal glamour di corte fino a quando il 10 settembre 1898 fu uccisa dall’anarchico italiano Luigi Lucheni.