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Non possiamo più studiare quello che vogliamo?

Il mercato del lavoro è al collasso, e l'empatia (e gli aiuti) scarseggiano

Non possiamo più studiare quello che vogliamo? Il mercato del lavoro è al collasso, e l'empatia (e gli aiuti) scarseggiano

Alla fine dell'orale di maturità mi venne chiesto dai professori presenti come avrei proseguito i miei studi. Io, diciottenne idealista, risposi fiera: "Andrò a studiare lettere moderne!". Le reazioni non furono esattamente entusiasmanti, soprattutto tenendo in conto che stavano arrivando da professori di un liceo classico. La verità - adesso che lavoro posso dirlo - è che fu una scelta abbastanza incosciente ma di cui non mi sono mai pentita. Dalla mia avevo una famiglia che mi sosteneva e nessuna voglia di sottopormi ad anni di studio da fare controvoglia, preparando materie che odiavo per imparare a fare un lavoro che, con tutta probabilità, mi avrebbe resa infelice. Ho fatto bene? Ho fatto male? Non è proprio questo il punto.

Su TikTok, lo sfogo di una ragazza in cerca di lavoro

Qualche giorno fa l'utente TikTok lohannysant ha postato un video in cui raccontava di stare consegnando curriculum per le strade di New York, al freddo. "Non mi sono mai sentita così umiliata in vita mia. Sto tenendo i miei curriculum, una pila di curriculum. Così posso andare in persona a consegnarli e a chiedere se per caso stanno assumendo. Mi sento un po' in imbarazzo, perché mi sto candidando per lavori a salario minimo, e alcuni non stanno neanche assumendo. Non è quello che mi aspettavo. Ho finito il college, ho due lauree in comunicazione e recitazione. Parlo tre lingue. Fa schifo, voglio solo fare la tiktoker se devo essere onesta con voi. Ma devo accettare la realtà, mi servono soldi. Continuerò a provarci". Questo sfogo ha scatenato il web e, con 22 milioni e 4mila view e più di 3 milioni di like il video è diventato virale, travalicando i limiti di TikTok e venendo ripubblicato su Twitter in un effetto domino di reazioni molto ma molto varie, che dicono tanto su chi siamo diventati e su quali sono le nostre aspirazioni e il nostro atteggiamento verso le difficoltà altrui

@lohannysant I got tear stains on my resume #nyc #unemployed original sound - Lohanny

Le reazioni al video: abbiamo perso ogni tipo di empatia?

C'è chi si è scagliato contro la ragazza, leggendo nelle sue parole snobismo e poca voglia di fare. Chi ha contestato la sua volontà di diventare una tiktoker, o di pretendere più di lavoro a salario minimo solo perché aveva fatto l'università e aveva studiato tre lingue. Si sente forse migliore di chi non ha studiato? I più disillusi non si sono risparmiati: se sapeva che avrebbe dovuto lavorare per vivere, perché ha scelto di studiare cose così velleitarie come comunicazione e recitazione, che non servono a nulla? Perché, invece, non ha fatto cose più pratiche come ingegneria, medicina o simili? Alcuni, poi, sono andati oltre, commentando estensivamente sul suo make-up, sulla sua pettinatura e sul suo abbigliamento, considerato troppo casual per un possibile colloquio di lavoro. Queste reazioni, che purtroppo non dimostrano una goccia di empatia, sono uno specchio dell'individualismo sfrenato tipico del nostro sistema economico, che ci fa sentire in competizione e che mette al primo posto il guadagno e la realizzazione economica su inclinazioni e passioni.

Non possiamo più studiare quello che ci piace?

Uscendo dal caso social, lasciando stare quello che pensiamo la ragazza e allargando il discorso, proviamo a riflettere sulla questione. Il problema, forse, più che in quello che studiamo sta nella progressiva inaccessibilità del mercato del lavoro da parte dei giovani (con un gap tra uomini e donne). Mettendo bene in chiaro che anche poter studiare è un privilegio, è impossibile non vedere che il problema esiste. In Italia, il sistema degli stage (che siano retribuiti o non retribuiti fa poca differenza, tanto si tratta comunque di cifre incompatibili con l'autonomia economica dei neo-laureati, soprattutto di quelli che vivono in una città) ha reso molto complicato, per i giovani, ottenere un contratto di lavoro che gli dia qualche garanzia e speranza di continuità. L'insicurezza lavorativa ed economica influisce sulle loro (sulle nostre!) scelte e sulla loro felicità, e anche se il tasso di disoccupazione in Italia scende lentamente, quello giovanile rimane comunque alto rispetto alle medie europee (siamo al 22% nostrano contro il 13,8% UE). Studiare quello che vogliamo - e poi addirittura trovare lavoro nello stesso ambito - è diventato una velleità da capricciosi e viziati, e non è giusto. Come se non bastasse, il salario minimo a 9 euro l'ora continua a essere contrastato dal governo. E allora, che cosa dovremmo fare?

Come scegliere l'università?

Se vi trovate di fronte a un bivio, non fatevi scoraggiare da questi dati. Bisogna essere pragmatici nella vita, e su questo non ci piove, ma bisogna anche mettersi nelle condizioni - se si può - di non detestare ogni momento su questa terra, e purtroppo o per fortuna passeremo sul luogo di lavoro la maggior parte del nostro tempo da svegli e della nostra vita adulta. Se il mercato del lavoro non funziona e la saturazione (anche nelle aree più remunerative) è alle porte, allora tanto vale lottare per fare quello che davvero si ama. Il trucco, forse, sta nel capire qual è la nostra priorità. Preferiamo sentirci realizzati professionalmente in un'area che abbiamo deciso di studiare perché amiamo o trovare un lavoro sicuro e in fretta - anche se non ci fa proprio impazzire - per dedicare il tempo libero alle nostre passioni, in maniera indipendente dalla nostra sopravvivenza?