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Gli effetti di Gennaio sul nostro cervello

No, non siete gli unici che faticano a ingranare nel primo mese dell’anno

Gli effetti di Gennaio sul nostro cervello No, non siete gli unici che faticano a ingranare nel primo mese dell’anno

Quando andavo al liceo avrei preferito vedere in loop La corazzata Potëmkin in lingua originale piuttosto che alzarmi presto la mattina. Soprattutto in inverno. L’idea di abbandonare quel rincuorante tepore del mio letto per salire in bici, affrontare la gelida campagna padana e arrivare mezza congelata al mio banco sembrava una tortura inutile e insostenibile. Molti anni dopo le cose non sono cambiate. Quando le temperature scendono, le ore di buio si allungano e le festività natalizie iniziano ad essere un lontano ricordo, inizio ad arrancare verso una specie di letargo che si trasforma in una lenta rinascita verso la primavera. "Era bello vedere che il verde ritorna e che si svegliano i ghiri/Era bello sapere che dopo l'inverno la voglia ritorna anche a te" cantavano con lungimiranza i TARM. Sembra banale, ma per molte persone è lo stesso: il cambio delle stagioni può influenzare l'umore

Le stagioni possono davvero influenzare il modo in cui funziona il nostro cervello?

Sappiamo che gli animali si adattano alle stagioni. Durante l’inverno alcuni migrano, vanno in letargo, cambiano il colore della loro pelliccia e ci sono dei mammiferi che subiscono anche cambiamenti nel cervello. Una cosa simile accade anche nell’uomo. Nel 2016, i ricercatori dell’Università di Liegi, in Belgio, hanno valutato come cambia la funzione cerebrale durante il corso dell’anno e delle stagioni. I partecipanti sono stati rinchiusi all'interno di un laboratorio per quattro giorni e mezzo. Dormivano otto ore in una stanza completamente buia, poi venivano privati del sonno per 48 ore in una stanza insonorizzata con luce fioca e senza modo di leggere l’ora del giorno. Dopo una finestra di sonno di 12 ore, venivano assegnati loro due compiti cognitivi, uno per testare l’attenzione e uno per la memoria. Quindi, i ricercatori hanno analizzato le letture della risonanza magnetica funzionale dei loro cervelli scoprendo che, il nostro cervello funziona in modo diverso a seconda del periodo dell’anno. Le risposte cerebrali relative ai compiti che richiedevano un’attenzione prolungata raggiugevano il picco intorno al solstizio d’estate e si abbassavano in modo significativo intorno al solstizio d’inverno. L’attività legata alla memoria, invece, raggiungeva il picco in autunno e diminuiva intorno all’equinozio di primavera a fine marzo. In particolare, i ricercatori hanno rilevato variazioni annuali significative nel talamo e nell’amigdala, le parti del cervello coinvolte nella vigilanza, nell’ippocampo e nelle aree frontali. Secondo gli esperti i risultati dello studio suggeriscono "che il nostro cervello abbia risorse diverse disponibili durante le diverse stagioni, oppure debba utilizzare metodi diversi per completare lo stesso compito nelle diverse stagioni." 

Il Blue Monday non esiste. Il Winter Blues sì

Forse il Blue Monday, il terzo lunedì di gennaio considerato il giorno più deprimente dell'anno, sarà solo espediente di marketing privo di qualsiasi fondamento scientifico, ma sono in tanti a sperimentare nel mese di gennaio un senso generale svogliatezza, nebbia mentale, intorpidimento, tristezza, stanchezza, letargia, come se ci muovessimo in slow motion. Non ci sono buoni propositi, oroscopi positivi del 2024 o vision board in grado di sanare la disconnessione che sentiamo in questo periodo dell’anno tra il desiderio di diventare la versione migliore di noi stessi e la spinta (mancante) a mettere questa intenzione in pratica. Tutto quello che molti di noi vorrebbero fare è rannicchiarsi in posizione fetale sotto le coperte in attesa di tempi climatici (ma non solo) migliori. Qualcuno chiama questa sensazione Winter Blues, ma in psicologia è conosciuta come disturbo affettivo stagionale (SAD, seasonal affective disorder).

@pazienti In inverno noti un cambiamento dell'umore? La Dr.ssa Maria Rostagno, Psicologa, ci spiega perché succede e a quale disturbo potrebbe essere legato questo fenomeno: guarda il reel per scoprire di più sul Disturbo Affettivo Stagionale. #DisturboAffettivoStagionale #Depressione #Psicologia #Tristezza #Inverno slow piano music(1297827) - syummacha

Cos’è la SAD o disturbo affettivo stagionale?

Descritto per la prima volta nel 1984 sulla rivista JAMA Psychiatry dallo psichiatra sudafricano Norman Rosenthal e incluso nel 1986 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, si stima che la SAD colpisca circa il 10% degli abitanti dell'emisfero settentrionale, con un'incidenza più alta nella popolazione femminile. Classificata come "una forma di depressione maggiore ricorrente che si ripresenta ogni anno durante una stagione specifica" (ad esempio esiste anche la versione estiva), si tratta di un disturbo complesso e multifattoriale caratterizzato da persistenza di emozioni negative, irritabilità o sbalzi d’umore, cambiamenti nell’appetito come il desiderio costante di carboidrati, sonno eccessivo e senso di stanchezza. 

L'importanza dell'esposizione alla luce per il cervello

Si ritiene che una delle maggiori cause possa essere un malfunzionamento del ritmo circadiano, il nostro "orologio interno", che si basa sulla luce diurna per controllare molti processi fisiologici, dalla sensazione di fame a quella di sonno e stanchezza. Quando viene alterato il ciclo luce-buio il nostro cervello e il nostro corpo ne risentono. È noto che l'esposizione alla luce solare innesca il rilascio di serotonina nel cervello, neurotrasmettitore che contribuisce a creare sensazioni di benessere e a migliorare l'umore. In inverno, con il calo dei livelli di luce solare naturale, i nostri corpi finiscono per produrne meno. Quando i livelli di serotonina sono bassi, il nostro cervello metabolizza la sua scorta più velocemente, con un conseguente squilibrio di sostanze chimiche all’interno del cervello che può rendere difficile la regolazione delle nostre emozioni che, in alcuni casi, porta a livelli più elevati di ansia e  depressione. Inoltre, i periodi di buio più lunghi in inverno possono aumentare la produzione di melatonina, l’ormone che regola il sonno, facendoci sentire più letargici.

Il fattore culturale

Si ritiene che, oltre a una produzione eccessiva di melatonina, alla scarsità di serotonina e a un malfunzionamento dell’ipotalamo, tra le altre cause di SAD possa esserci un’alterazione della vitamina D, anch’essa secreta dall’organismo quando la pelle è esposta alla luce solare. E se non fosse SAD? Per saperlo con certezza bisogna rivolgersi ad un medico, ma qualora il nostro non fosse un vero e proprio problema di salute mentale, potremmo semplicemente essere "vittime" dei preconcetti legati all’inverno. Detto che molti riflettono le risposte biologiche innate dei nostri corpi ai cambiamenti delle condizioni meteorologiche, alcuni effetti che ci sembra di percepire possono essere amplificati a livello inconscio dalla narrazione dominante di questa stagione, spesso vista come tetra, solitaria, angusta, depressiva e ardua da superare. Quindi, magari in gennaio e negli altri mesi freddi ci sentiamo rallentati, tristi, negativi, demotivati e tutto ci appare più complicato, ma non è colpa dell’inverno. Potrebbe dipendere da ciò che sta accadendo nella nostra vita, da fattori fisiologici e mentali e perfino culturali.