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Il cinema italiano ha un problema con il femminismo

Da ben prima di C'è ancora domani

Il cinema italiano ha un problema con il femminismo Da ben prima di C'è ancora domani

Foto: Luisa Carcavale

In principio fu Barbie, film dell’estate, che ha conquistato il mondo e si è piazzato bene in testa alle classifiche di affluenza (e guadagno) annuale, salvando una stagione cinematografica (quella estiva) solitamente povera e svogliata. Con il successo mondiale, si sa, arrivano le polemiche: la pellicola di Greta Gerwig è stata accusata di pressoché qualsiasi cosa. Di essere troppo estrema, di essere troppo poco pungente, di essere cattiva con gli uomini e di essere, invece, troppo gentile e permissiva con loro. Il pubblico, però, l’ha in larga parte adorato, e le nomination (ai Grammys) cominciano già ad arrivare.

Il caso Cortellesi e C'è ancora domani

Una cosa simile è appena successa in Italia, con grande sorpresa di tutti. C’è ancora domani, esordio alla regia di Paola Cortellesi, domina al botteghino. I due film, apparentemente così lontani, hanno più di una cosa in comune. In primis, sono diretti da una donna e raccontano la storia di una donna (in un caso di plastica) per un pubblico di donne. In secondo luogo, sono storie di emancipazione femminile. E se Barbie viaggia nel mondo reale e si rende conto che tutto quello che dava per sicuro (e rassicurante) era una bugia e che c’è ancora tantissimo lavoro da fare, Delia (interpretata dalla stessa Paola Cortellesi) decide di sfidare l’ordine costituito, quello che per lei e le sue amiche era l’assoluta normalità, per compiere il più grande atto di sfida: decidere qualcosa e farlo per se stessa, per la prima volta nella sua vita.

Le critiche italiane al film

In Italia, questa cosa, non è piaciuta. Non a tutti, perlomeno. C’è ancora domani, pur essendo una favola bella, positiva e propositiva su un diritto dovere conquistato con le lotte, piena di citazioni al grande cinema italiano e che non risparmia una riflessione sulla classe e sulla misoginia e offre più di uno spunto attuale, è stato giudicato da una certa stampa retorico, superficiale, semplicistico, esagerato, zuccheroso. Insomma, roba da donne che non è degna di grande considerazione.

Quali sono gli esempi di film femministi in Italia?

La domanda da farsi, forse, è: perché un film così semplice e da un certo punto di vista ovvio fa così arrabbiare? La risposta, forse, è: perché in Italia abbiamo un problema con il femminismo in generale e nel cinema mainstream in particolare. Pensiamoci un attimo. Quale film nostrano, prima di C’è ancora domani offre una riflessione sensata e anche, evidentemente, fastidiosa, su cosa ha significato essere donne in questo paese nel passato scatenandone una, inevitabile e ancora più fastidiosa, sul presente? Se cercare nelle commedie lascia il tempo che trova, il genere  è - da noi - piagato da stereotipi irrecuperabili, per cui le donne esistono solo se sono nevrotiche, sexy, stupide, matte o rompipalle, nel drammatico, forse, qualcosa c’è. Viola di Mare, ad esempio, film del 2009 diretto da Donatella Maiorca, parla di donne che amano le donne e del loro tentativo di sfidare il mondo. Altri titoli potrebbero essere Fortunata, di Sergio Castellitto, o Primo Amore, di Matteo Garrone.

Un problema di pubblico ma non solo

In tutti questi titoli, però, il focus è sulla violenza, sulla sofferenza. Ancora, quasi tutti i registi e sceneggiatori sono uomini. E qui casca l’asino. In un settore per cui, in Italia, sei considerato un giovane promettente se hai meno di 50 anni e in cui le registe donne sono pochissime, il problema sta alla base. Nel pubblico, poi, si apre il cassetto dell'empatia. Il pubblico maschile, il preferito del cinema italiano, non riesce a rivedersi nei personaggi femminili raccontati dalle donne, o forse non è disposto a fare il salto, a mettersi nei panni di qualcuno che, come se non bastasse, gli sta dicendo forte e chiaro che è ora di cambiare. Sentirsi dire di essere potenti e privilegiati disturba tutti, soprattutto gli uomini: li rende responsabili di una serie di cose di cui non vorrebbero sentirsi responsabili. Il problema, poi, è anche socio-politico. La nostra prima premier donna è anche misogina, antiabortista, pro-famiglia tradizionale, lascia il compagno su Twitter senza fare menzione delle molestie che ha inflitto a una collega, non si interessa dei femminicidi a meno che non siano fatti da uomini stranieri, se extracomunitari meglio. 

Un'apertura sul futuro

Il panorama è disperante, sia da dentro l'industria cinematografica che da fuori. Il pubblico, però, ha deciso. E se un film come C'è ancora domani lo ha entusiasmato così tanto forse una speranza c'è. Grazie anche a chi verrà dopo Paola Cortellesi e alle attrici che, coraggiose, si buttano nella regia, come ad esempio Alice Rohrwacher, Susanna Nicchiarelli e Micaela Ramazzotti.