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La morte del vecchio Etsy è (anche) colpa nostra

Cos'è il junkification effect che sta colpendo le piattaforme di compravendita

La morte del vecchio Etsy è (anche) colpa nostra Cos'è il junkification effect che sta colpendo le piattaforme di compravendita

Nel lontano 2005, Robert Kalin cercava di vendere alcuni prodotti artigianali fatti a mano servendosi del web. Stupito di non trovare nessun sito di compravendita specifico per questo tipo di articoli, decise di fondarne uno da solo. Con l’aiuto di Chris Maguire e Hai Schoppik nacque Etsy, nome breve e facile da ricordare che da subito iniziò a guadagnare una certa fama. Il merito stava nella sua autenticità e nel modo in cui aiutava piccoli artigiani a mettere in vendita i loro prodotti a un pubblico potenzialmente internazionale, e con relativamente poca mediazione tra il compratore e il venditore originale, che potevano comunicare tramite la piattaforma. Su Etsy si compravano creazioni originali, t-shirt di film sconosciuti. Ben presto, il sito diventò una vera e propria manna sia per i fandom e per subcultura (che trovavano merch alternativo a quello ufficiale, o l’unico merch disponibile di qualcosa di nicchia, e potevano anche mettersi in contatto con i venditori per commissioni personalizzate) sia per gli appassionati del ricamo, della pittura e del collage, che su Etsy acquistavano materiali per il fai da te che non trovavano altrove. Per qualche anno, i social network (soprattutto Tumbrl e Twitter) ed Etsy andarono a braccetto, il secondo rispondendo alle esigenze del primo, e quando qualcuno non trovava qualcosa su Amazon o Ebay gli si suggeriva di provare su Etsy, una sorta di emporio multimarca delle meraviglie. Nel 2015 Rosy ha debuttato in borsa, quotandosi al NASDAQ, nel 2021 ha acquistato Depop, imponendosi anche sul mercato dell'usato. Una prova ulteriore del suo successo.

Etsy oggi

Negli ultimi anni, però, il panorama degli acquisti online è molto cambiato ed Etsy ha cominciato a risentirne. Non si vende e compra più soltanto su Amazon o su Ebay, anzi. In primis, la sua forza come sito di compravendita gli è stata a mano a mano sottratta dall’inserimento, in altri social network, di uno shop, usato per il vintage ma anche per le creazioni originali, primo fra tutti Facebook Marketplace, seguito dalla tab shop di Instagram e dal TikTok shop, per non parlare di app come Vinted. Poi sono arrivati Shein, Temu e Aliexpress che non solo vendono a prezzi stracciati, ma copiano senza nessun tipo di scrupolo le creazioni di artisti, designer e chi più ne ha più ne metta, immettendole nel mercato in maniera veloce a scapito della qualità, della sostenibilità e del trattamento dei lavoratori, ma nutrendo la nostra sete di oggetti, acquisti, shopping a prezzi sempre più stracciati, e di fatto disabituandoci a investire in prodotti di qualità a prezzi più alti. Paradossalmente e parallelamente, poi, è cresciuta durante la pandemia di Covid-19 l’attaccamento a quelli che vengono chiamati gli small creators o small business, cioè appunto gli artigiani o i giovani creativi che disegnano e creano oggetti, accessori e capi di abbigliamento ma che non sono appoggiati da una struttura forte di ideazione, produzione, vendita e marketing come i grandi marchi. Tutti vogliono sostenerli, pochi sono pronti a compiere l’investimento, nella pretesa assurda di poter comprare cose di altissima qualità a prezzi stracciati da persone che si occupano di ogni fase della produzione da sole, o al massimo assistite da un team molto piccolo.

Dropshipping e junkification effect

Grandi colossi, prezzi stracciati, mistificazione di cosa vuol dire essere uno small business e cattive abitudini di chi compra. Era impossibile che questo enorme cambiamento sia nel modo in cui compriamo sia nel modo in cui le cose ci vengono vendute non si abbattesse in una certa misura anche su Etsy, nato nel segno dell’artigianato. Come sta, oggi, la piattaforma di compravendita ormai 18enne? Non benissimo. Al momento, sembra che il suo più grande problema sia il fenomeno sempre più diffuso del dropshipping. In cosa consiste? In questo caso, si tratta di finti artigiani e creator che acquistano i loro prodotti su siti come Shein e poi li rivendono su Etsy, millantando di averli inventati o disegnati personalmente e guadagnandoci molto. Alcuni account TikTok sono dedicati unicamente a smascherarli, ma non è abbastanza.  Per descrivere questo processo e le sue conseguenze Danielle Vermeer, fondatrice di Teleport App e sostenitrice ed esperta della compravendita di abbigliamento vintage, ha coniato l’espressione junkification effect. Nelle sue parole: “Il junkification effect è quello che succede quando una piattaforma viene sommersa da prodotti di scarsa qualità. Un fenomeno che accade quando la stessa piattaforma è sotto pressione e deve aumentare i profitti”. Secondo lei, Etsy non è l’unico sito di compravendita a stare subendo questa cosa. Insieme a lui anche Poshmark e Amazon. La colpa, ovviamente, non è solo dei consumatori. Per permettere a questa nuova ondata di merce di bassa qualità di arrivare, anche i meccanismi di controllo del sito devono essere allentati. Tutto per rimanere a galla. 

Dove comprare artigianato e usato?

Da compratori, possiamo rivolgerci ad altre fonti per trovare vere creazioni di veri small business. Possiamo fare scouting su TikTok o su Instagram, assicurandoci che i design siano originali e affinando il nostro occhio per gli articoli da dropshipping. Se possibile, sarebbe buona norma anche investire nel vintage di persona, nei negozi curati ad hoc che sempre di più nascono nelle nostre città, Milano compresa. La verità, però, è che dovremmo riconsiderare il nostro rapporto con gli acquisti, con lo shopping e con gli oggetti, prediligendo uno stile di vita poco consumistico e più concentrato sui pezzi singoli.