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3 stili che hanno fatto la storia della moda

Dal rivoluzionario stile "à la garçonne" alla perfezione del dandy, passando per lo sportswear

3 stili che hanno fatto la storia della moda Dal rivoluzionario stile à la garçonne alla perfezione del dandy, passando per lo sportswear

Oggi lo stile non corrisponde più a una legittimata rappresentazione del potere o di una classe sociale, come invece lo era per Elisabetta I o per l’aristocrazia dell'Ancien Régime, ma è piuttosto il riflesso di un’identità incline al gusto che pretende di affermare il proprio sé unico e individuale.

È interessante pensare a come già negli anni Cinquanta le riviste di moda iniziavano ad invitare le donne a scoprire il loro stile personale e ad utilizzare i vestiti per conoscere se stesse, proponendo loro quiz per spiegare come vestirsi in base ad una certa tipologia di donna. Sofisticata, esotica, aristocratica o moderna, ad ognuna di loro veniva spiegato il proprio stile con aggiunta di consigli per enfatizzarlo, spesso facendo riferimento ad una diva o al personaggio di un film.

Oggi la moda è diventata ancor di più un fenomeno globale che coinvolge tutti, ma in particolar modo – come scrisse Franca Sozzani sul suo Blog del direttore nel 2010 – la moda è in uno stato di anarchia totale. Mai in nessun periodo storico, neanche nel movimento hippy, c’è stata tanta libertà, tanta offerta di proposte stilistiche diversissime tra di loro, e tante possibilità di scelta tra mille fasce di prezzo.

Avere un proprio stile significa avere un’identità estetica forte ed essere in qualche modo riconoscibili. Seguire le mode, rielaborarle o rifiutarle, fa parte di un processo nato secoli fa che continua ad evolvere e ad affermarsi. Ecco allora 3 stili – o mode - che hanno cambiato il nostro modo di vestire e che hanno fatto la storia del costume.

 

À la garçonne

Se nel diciannovesimo secolo l’estetica della donna borghese era una sorta di produzione artistica, gli anni Venti rappresentarono invece per la moda – e non solo - una reazione e una conseguenza alla Prima Guerra Mondiale. La maggior parte delle donne si ritrovò a dover lavorare nelle industrie, nei cantieri e nei campi, di conseguenza le crinoline furono sostituite da un abbigliamento più adatto al lavoro: gli orli si accorciarono in base alle stagioni, il seno inizia ad essere nascosto e le forme a non essere esaltate, gli abiti si semplificano e la figura si allunga. Anche il beauty subì un cambiamento notevole, i capelli ad esempio si accorciarono - Irene Castle e Gabrielle Chanel furono le prime donne a tagliarli e ad esprimere il look del Ventesimo secolo – e Vogue iniziò a parlare di una certa naturalezza mascolina e chic. Fu così che lo stile à la garçonne prese il sopravvento sulla donna bon ton e si imposero nuovi ideali di bellezza, oltre che nuovi ruoli all’interno della società, destinati a durare nel tempo e a diventare iconici. Il desiderio di indipendenza e la voglia di avere abitudini associate agli uomini portarono la donna del Ventesimo secolo a prendere accessori e abiti direttamente dal guardaroba maschile, da un semplice portasigarette fino ad arrivare agli anni Sessanta quando Yves Saint Laurent introdusse uno dei suoi pezzi più iconici: lo smoking, originariamente riservato agli uomini che lo indossavano nelle sale fumatori per proteggere i loro abiti dall’odore dei sigari. Oggi il discorso di genere sulla moda è sicuramente troppo ampio per essere discusso in poche righe, ma già nel 1984 Suzy Menkes scrisse un articolo sul Times parlando di indumenti intimi maschili adottati nell’abbigliamento femminile come l’ultima dichiarazione di una rivoluzione sessuale in atto da diverso tempo, aprendo le porte alla moda genderless e alle collezioni unisex.

Come interpretarlo oggi?
Prima regola, tagliarsi i capelli, ma optare per una pettinatura all’indietro per rendere il look à la garçonne contemporaneo e anche un po’ sexy. Secondo passo, rubare tutto il possibile dal guardaroba del vostro uomo senza esagerare con gli over che rischierebbero di farvi sembrare più goffe che powerful. Troppo Tomboy? Nessun problema, aggiungete orecchini e anelli a volontà, l’importante è che si vedano anche da lontano!

 

Sportswear

Dopo la rivoluzione industriale la vita quotidiana iniziò ad essere scandita da un nuovo tempo, quello legato alle macchine delle industrie, con una demarcazione forte fra il tempo di lavoro e quello libero. In questi anni la moda divenne uno strumento per esprimere la propria individualità, ma fu con l’avvento del Ventesimo secolo che iniziò ad avanzare l’idea di sport, soprattutto legato alle donne. Nel 1924 Patou inaugurò a Deauville una boutique di costumi da bagno e qualche anno più tardi Elsa Schiaparelli ne aprì una dedicata all’abbigliamento sportivo, la moda divenne democratica e meno esclusiva, le quotazioni del jersey salirono e Gabrielle Chanel adattò lo sportswear alla vita di tutti giorni capitalizzando - come dice Edmond Charles-Roux - la femminilizzazione della moda maschile. Chanel creò il “poor-look” e iniziò a vestire le donne con maglioni, vestiti in jersey o in cashmere, dando al jet set internazionale un nuovo look che fu subito riadattato negli anni Trenta al mercato di massa americano. Agilità e movimento furono le parole chiave di uno spirito moderno, ma soprattutto di una donna moderna che si ritrovava nei cafè di Parigi vestita come se fosse allo Yacht club o a una gara di golf, prediligendo uno stile semplice e facile, emblema di un secolo che ha rivoluzionato il nostro modo di vivere. Oggi lo sportswear, o lo stile athleisure – come ci piace chiamarlo – fa parte della nostra quotidianità più di quanto possano farne parte abiti eleganti e suit. Forse non indossiamo più le nostre divise sportive con lo stesso charme con cui René Lacoste pensava alle sue negli anni Trenta, ma funzionalità e movimento restano comunque il principio senza il quale lo sportswear non potrebbe esistere.

Come interpretarlo oggi?
Maestra da seguire: Hailey Bieber, che vi insegnerà come andare a prendere un centrifugato di verdure con lo stesso look che indossereste per andare a Pilates, ma più fashion! Quindi mini-cycling pants, felpa over e sneakers. Aggiungere poi una Gucci vintage se si vuole avere la stessa disinvoltura di Lady D

 

Dandy

Con l’avvento della Rivoluzione industriale e di una società capitalistico-borghese si assiste a quella che Flügel definì la “Grande rinuncia” del sesso maschile, che corrisponde al ritiro dell’uomo dal panorama della moda. L’abbigliamento maschile non era più quello sfarzoso ed eccentrico tipico dell’aristocrazia, ma divenne più sobrio e rigoroso, simbolo di due classi sociali nascenti: la borghesia e la classe operaia, i primi vestiti in lana, i secondi con abiti di fustagno. Contemporaneamente, la moda maschile si spostò verso il codice d’abbigliamento tipico del gentiluomo inglese, rifiutando la mentalità borghese e mostrando un sentimento di nostalgia verso un’aristocrazia che aveva appena iniziato a cadere. In particolare, George Brummel passò alla storia come il dandy che fece di quella moda un modello di eleganza. Il dandy, spesso narcisista e molto attento alla presentazione della propria immagine, si poneva con una predilezione per l’individualismo piuttosto che per le masse. Alcuni storici parlano del dandismo sia come anti-fashionche come oppositional style”, da una parte quindi qualcosa di atemporale ed elegante, dall’altra uno stile che ha come obiettivo quello di esprimere il dissenso verso un’idea supportata da una maggioranza. In entrambi i casi lo stile del dandy ha rappresentato comunque uno stile senza tempo, reinterpretato per l’abbigliamento femminile da Gabrielle Chanel con l’utilizzo di cashmere, tweed, e forme tipiche del guardaroba maschile.

Come interpretarlo oggi?
Imprescindibile: fare molta attenzione all’estetica e al lifestyle per poi avere come unico obiettivo l’eleganza, e il rifiuto del cattivo gusto. Per togliere un pizzico di noia consiglierei però di lasciare qualcosa di imperfetto nel look, come suggeriva anche Montesquieu! Meglio un'eleganza semplice e naturale che un atteggiamento troppo costruito, valido sia per le donne che per gli uomini.