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5 donne italiane che hanno fatto la storia del design

Da Gae Aulenti a Rossana Orlandi

5 donne italiane che hanno fatto la storia del design Da Gae Aulenti a Rossana Orlandi

Si chiamano Gae Aulenti, Cini Boeri, Nanda Vigo, Lina Bo Bardi e Rossana Orlandi. Sono talentuose, creative, ostinate, indipendenti e forti. Hanno seguito sempre il loro istinto, riuscendo ad emergere in un settore dominato dagli uomini, riuscendo ad entrare nella storia dell’architettura e del design. Sono cresciute in zone e periodi diversi, sviluppando uno stile unico, che le ha portate ad essere conosciute e rispettate in tutto il mondo. I pezzi che hanno creato, come la lampada Pipistrello o la Bowl Chair, fanno ancora parte dell'interior design di molte delle nostre case. 

In occasione della Milan Design Week 2021, nss G-Club vi presenta 5 donne italiane che hanno fatto la storia del design.

 

Gae Aulenti

Gaetana "Gae" Aulenti è uno degli architetti più famosi al mondo, conosciuta per la sua trasformazione della stazione ferroviaria di Paris Orsay in Musée d’Orsay, la ristrutturazione di Palazzo Grassi a Venezia, la riqualificazione di Piazzale Cadorna e la nuova facciata della sede delle Ferrovie Nord di Milano. Qui, nella Milano razionalista degli anni ’50, dopo la laurea al Politecnico, Gae ha affinato la sua formazione professionale lavorando prima con Ernesto Nathan Rogers, da cui ha imparato l’importanza di "uno sguardo internazionale" e che "ogni luogo è innanzitutto un fatto concettuale", e poi con Olivetti. La partnership con la famosa azienda è stata il trampolino di lancio verso una carriera piena di successi, costellata da oltre 700 progetti diversi. Sperimentando con vetro, acciaio e altri materiali come il marmo, ha realizzato pezzi famosissimi, spesso innovativi e fuori dagli schemi, come la poltrona Sgarsul per Poltronova, il tavolo Jumbo per Knoll, la sedia pieghevole April per Zanotta o i pezzi disegnati nei primi anni 80 quando Gae era direttore artistico di Fontana Arte come il Tavolo con ruote e le lampade Giova e Rimorchiatore. Un altro must-have della sua produzione? Il set da esterno della serie Locus Solus, parte dell’arredo di scena delll’iconico film La piscine con Alain Delon, Romy Schneider e Jane Birkin.

Opera icona: la lampada "Pipistrello"

La lampada Pipistrello, che fa parte delle collezioni permanenti del MoMA, è il simbolo dell’indole ribelle ed indipendente di Aulenti. In un periodo dominato da un’estetica razionalista, machista e senza fronzoli, Gae ha preso ispirazione dalla corrente Neoliberty e dalla sua rilettura dell’Art Nouveau per realizzare un oggetto che è insieme retrò e avveniristico. Ideata nel 1963 per Martinelli Luce, la lampada prende il suo nome dalla forma del diffusore in metacrilato opale bianco, che ricorda le ali del pipistrello. La struttura è completata da un dettaglio piccolo, ma, allo stesso tempo geniale: il fusto telescopico in acciaio che le permette di allungarsi grazie di ben 20 cm, trasformandola, a seconda delle esigenze, in lampada da tavolo o in a modello da terra.  

 

Cini Boeri

Maria Cristina Mariani Dameno, detta "Cini" (diminutivo di "picinin" come la chiamavano i fratelli maggiori) è stata una delle prime donne nel mondo dell’architettura e del design, ma anche fra quelle le più originali. Laureata al Politecnico di Milano e apprendista di Gio Ponti, Boeri apre il suo studio di architettura nel 1963 dove progetta case, ville, appartamenti, in Italia e all’estero. La sua preferita? La Casa Bunker alla Maddalena del 1967: quattro stanze autonome, ognuna con il suo bagno e la sua uscita verso il mare, distribuite attorno a soggiorno e cucina. Questa visione estremamente funzionale, attenta ai bisogni del cliente e alla flessibilità nelle soluzioni, è la stessa che troviamo nei suoi lavori nel disegno industriale. L’altra peculiarità dei suoi progetti è la sperimentazione di nuovi materiali. La linea Strips per Arflex, una rivisitazione del sacco a pelo ottenuta montando su una struttura in legno un rivestimento di poliuretano espanso indeformabile, trapuntato e completamente sfoderabile, le fa vincere il compasso d’oro nel 1979. Restano nella storia del design anche il famoso Serpentone, realizzato sempre per Arflex, il tavolo Lunario per Knoll e Boborelax, una dei primi esempi di seduta monoblocco dal mood quasi pop, completamente in schiuma poliuretanica e senza una struttura portante interna.   

 

Opera icona: la poltrona "Ghost"

Disegnata da Boeri e Tomu Katayanagi nel 1987 Ghost è diventata un classico del design contemporaneo tanto da essere esposta nei più prestigiosi musei del mondo come il MoMA di New York. La poltrona è completamente trasparente e realizzata interamente in vetro curvato, un unico foglio di vetro spesso 12 mm che, piegato e tagliato con un getto d’acqua ad alta pressione, forma la seduta, i braccioli e lo schienale. Caratterizzato da linee sinuose e da una trasparenza tale che sembra fondersi con l’ambiente circostante, questo oggetto unico è considerato "una sintesi perfetta di sperimentazione tecnologica e ricerca formale".

 

Nanda Vigo

Quando avevo sette anni, ho capito per la prima volta cos'era la bellezza guardando la Casa del Fascio di Giuseppe Terragni. Quella bellezza era per me data dalla luce, che giocava con le forme e modificava addirittura l'architettura nel corso della giornata! Per questo motivo ho deciso di disegnare ed inventare lampade.

Così Nanda Vigo cercava di spiegare come era nato il suo amore per la luce, un’ossessione che ha guidato tutta la sua lunga carriera, iniziata con la laurea in architettura al Politecnico di Losanna, in Svizzera e proseguita con un’esperienza nello studio di Frank Lloyd Wright a Taliesin West, in Arizona, e poi con un importante stage a San Francisco. Tornata nella nativa Milano, Nanda trova la sua vera casa, fonda il suo studio e inizia a frequentare artisti come Piero Manzoni (di cui fu la compagna), Gio Ponti, Enrico Castellani e Lucio Fontana, che la introdurrà al movimento Zero. La sua creatività eclettica l’ha portata a sperimentare con arte, design e architettura, combinando pop, fantascienza, ispirazioni africane, neo e post-design italiano così come materiali diversi fra loro come neon, tulle e specchi. Il fil-rouge? La luce e il suo potere di coinvolgere i sensi e modificare la percezione di spazi ed oggetti. Famosa e pluripremiata, Vigo ha lavorato con alcune delle maggiori aziende del design: per Driade ha realizzato il tavolo Essential, il mobile buffet Cronotopo e il pouf Blocco; la sedia Due più per More Coffee; il divano Top per Fai International; la lampada Golden Gate per Arredoluce.

 

Opera icona: la lampada "Golden Gate"

La luce è la vera cifra stilistica del lavoro di Vigo. Nel cercare di esplorare il suo rapporto con la luce ha realizzato specchi, installazioni, arredi sperimentali e diverse lampade scultoree. L’oggetto che però è entrato nella storia è forse il suo progetto più essenziale, minimale: la lampada Golden Gate. Chiamata in origine Futurama e creata negli anni ‘70 per Arredoluce, fu la prima lampada alogena italiana. La struttura era composta da uno stelo di metallo di circa due metri di altezza, sul quale era innestato un arco dello stesso metallo che ospitava il neon. Nel cilindro della base c’era un led rosso, una vera innovazione dato che, fino a quel momento, i led venivano utilizzati unicamente dalla NASA.

 

Lina Bo Bardi

Achillina Bo, detta "Lina", ha sempre avuto una visione democratica dell’architettura e del design, fermamente convinta che le persone debbano sempre essere al centro di ogni progetto, perché "senza le persone che l’attraversano, non esiste alcuna architettura". Nata a Roma nel 1914, si trasferì a Milano dopo la laurea per lavorare con Gio Ponti e Carlo Pagani alla rivista Stile e, in seguito, andò a vivere in Brasile insieme al marito Pietro Maria Bardi. Il paese sudamericano diventò la sua terra di elezione, il luogo dove fondò con Giancarlo Palanti lo Studio Palma e dove sviluppò i suoi lavori migliori come il São Paulo Museum of Art (MASP) e la Casa de Vidro, "una scatola di vetro modernista costruita su una collina immersa nella foresta tropicale". Anche nell’arredamento d’interni amava fondere il disegno industriale italiano con la tradizione brasiliana, optando per oggetti sintesi perfetta di innovazione e mantenimento delle radici culturali. L’esempio migliore sono le sedie: la Cadeira trippa de Ferrofatto, un sedile pelle di mucca legato ad un telaio metallico a tre gambe e ispirata alle amache di navi passeggeri del Rio delle; Zig Zag e Rocking Chair, create in collaborazione con Giancarlo Palanti; la poltrona Bola, caratterizzata da schienale e seduta in pelle tesa su una struttura in ferro decorata con due pomelli in ottone. 

 

Opera icona: la poltrona "Bowl"

Il pezzo più conosciuto di Bo Bardi è sicuramente la Bowl Chair una seduta dalla forma mimal e versatile, perfetta per integrarsi armoniosamente in qualunque ambiente. Il suo design è piuttosto semplice e si basa su due soli elementi: una struttura in metallo anello sorretta da quattro gambe ed una scodella semisferica imbottita, completata da due cuscinetti circolari. La creativa di origine italiana ne realizzò solo due prototipi nel 1951, ma, in seguito, nel 2013 Arper ne ha prodotta una serie limitata e numerata di 500 pezzi. 

 

Rossana Orlandi

Rossana Orlandi, con i suoi capelli argentati raccolti in uno chignon, gli enormi occhiali che nascondo gli occhi azzurri e l’istinto innato per scovare bellezza e talento, è una delle influencer di design più importanti al mondo. La sua carriera, però, è iniziata nella moda. Nata in provincia di Varese, ha frequentato l’Istituto Marangoni di Milano, dove era compagna di banco di Moschino, e ha cominciato a produrre tessuti per Giorgio Armani, Kenzo, Issey Miyake e Donna Karan. Poi, nel 2002, ha deciso di trasformare la passione per il design aprendo la Rossana Orlandi Gallery, uno spazio in cui mettere in mostra le opere di designer emergenti e le edizioni limitate di progettisti già affermati. Tra i talenti scoperti da Orlandi ci sono Marteen Baas, l’autore della Smoke Chair; Piet Hein Eek con i suoi mobili realizzati utilizzando materiali di scarto; lo spagnolo Nacho Carbonell; Nika Zupanc, Front Design, Marco Tabasso ed i Formafantasma. Recentemente ha lanciato Ro plastic prize, un concorso internazionale dedicato a progetti sostenibili, realizzati in plastica riciclata.

 

Icon: Rossana Orlandi Gallery

Vent’anni fa Orlandi ha trasformato un ex laboratorio di cravatte milanese in un paradiso pieno di bellezza e creatività, un luogo delle meraviglie dove scoprire il talento di designer emergenti e lasciarsi affascinare dagli oggetti realizzati da nomi più noti. Questo spazio di oltre 2.500 mq in via Bandello 14/16 è diventato il place to be da visitare durante il Fuorisalone e ogni volta che ci si trova a Milano. Varcato il cancello decorato con una "R" ed una "O" in lamiera vintage, si entra in un giardino racchiuso con un pergolato di uva rampicante, un dehor pieno di fiori (le peonie sono il fiore preferito da Orlandi!) e mobili. Lo spazio espositivo continua all’interno dell’edificio a tre piani, un labirinto di stanze dove la gallerista mettere in mostra le sue ultime scoperte.