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Come capire se una relazione è tossica?

La concezione cinematografica delle relazioni crea delle aspettative che non rispecchiano legami sani

Come capire se una relazione è tossica? La concezione cinematografica delle relazioni crea delle aspettative che non rispecchiano legami sani

Il caso di Johnny Deep verso Amber Heard, che dopo lo scivolone dell’imputata che coinvolge il make-up e aver chiamato in causa Kate Moss - ex di Depp – è diventato un trending topic,  si sente molto parlare di relazioni tossiche. Tra legami indissolubili che spengono le persone ma intrattengono gli spettatori in un reality show ai confini della realtà, il gossip che causa adrenalina e la concezione malsana creata da coppie simbolo in film e serie tv, riconoscere un legame malato può sembrare difficile. Per capirlo, anche stavolta l’abbiamo chiesto a Oratio, team di psicologhe attive nel torinese per capire meglio quali sono i campanelli d’allarme a cui prestare attenzione e come evitare di innescare una rincorsa emotiva ad un legame che finirebbe solo per far schiantare chiunque in un burrone.

Per capire cos’è una relazione tossica forse si può partire da cosa è una relazione non tossica, ma scovare le differenze non è così facile o scontato.  Libri e film hanno contribuito a creare nella mente un immaginario in cui relazioni intense e caratterizzate da rollercoaster emotivi sono desiderabili e percepite come le uniche vere, importanti, autentiche, in un mondo dove il sentire è unica condizione possibile per percepirsi vivi, costanti. In questa impostazione mentale cinematografica e adolescenziale, si tende a scambiare per interessanti le relazioni difficili e tossiche per le uniche che vale la pena vivere.

"Idealmente le relazioni dovrebbero essere inesauribile fonte di confronto, crescita, benessere ma la verità è che le relazioni reali sono composte da tantissimi elementi, anche di sofferenza. L’incontro di due persone e la costruzione della dinamica del rapporto amoroso possono infatti portare con se molta difficoltà, sofferenza, conflitto, tutti elementi in realtà che sono anche evolutivi e fondanti di una conoscenza profonda dell’altro.

Questo diventa troppo da sopportare quando non ci si riconosce più, ci si perde nell’altro in modalità passiva, sentendo di essere un cuore in due, un meccanismo che rende dipendenti,  porta a non sentirsi visti come individui membri di un gruppo e a vivere una relazione come condizione di isolamento, e non di comunione di emozioni, in cui si riproducono modelli comportamentali non propri e totalmente estranei a noi, per riflesso.

Ovviamente, anche la violenza fisica, verbale, emotiva, psicologica è un segnale che non va evitato: se vieni svalutato e le tue fragilità sono usate contro di te, ti senti sia colpevole che in trappola perché l’altro ha il potere tanto sulla tua felicità quanto sulla tua infelicità, che poi diventano la stessa cosa in un circolo vizioso asfissiante.

A leggerle queste dinamiche sembrano talmente gravi da essere impossibili da non notare. La verità è che sono molto più comuni e vicine di quello che sembrano, accadono ed entrano nella quotidianità in maniera sottile. o profondamente sbagliato. L’amore (in tutte le sue forme e connotazioni) è un fatto privato, personale prima ancora che relazionale. La scelta del partner e i modelli di compagni che scegliamo come più adatti a noi e le dinamiche relazionali che instauriamo sono condizionati dal rapporto stabilito con le nostre figure genitoriali, per cui in ogni relazione più o meno sana si verifica una riedizione di dinamiche che appartengo a tali rapporti.

Senza voler ridurre la complessità dei rapporti umani a banali causalità lineari, non possiamo pensare di comprenderci relazionalmente oggi senza guardare al rapporto dentro al quale l’amore è nato, è vissuto ed è insegnato: quello con i nostri genitori.  Risorsa fondamentale diventa quindi la consapevolezza di sè, necessaria per essere in grado di non agire ciò che abbiamo subito ma al contrario poterlo trasformare e poterlo usare senza provocare dolore.

“Io penso che sia sempre possibile creare una relazione d’amore che contenga una sana autostima personale, la ricerca del Sé e una proiezione non nevrotica dell’ideale sul nostro partner, se noi ci impegnano in un lavoro personale di cura delle ferite della nostra infanzia causate dalla relazione danneggiata con i genitori. Infatti fortunatamente noi non “siamo il nostro danno” passato, lo abbiamo subito ma possiamo trasformare il danno in dono per poter vivere al meglio ora la nostra esistenza“ (Morganti, 2009).”

Se quanto appena detto vi risuona, parla di voi o di qualcuno che conoscete, non esitate a chiedere o a portare aiuto ad una figura professionale adatta. E' possibile rivolgersi a professionisti privati per iniziare un percorso di supporto psicologico, come Oratio, che sono raggiungibili tramite Instagram Direct o ai contatti sul loro sito web.