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Furiosa: la vendetta non è una promessa

Il prequel di Mad Max Fury Road ci illustra il valore della speranza e della solidarietà femminile

Furiosa: la vendetta non è una promessa Il prequel di Mad Max Fury Road ci illustra il valore della speranza e della solidarietà femminile
Courtesy of Warner Bros. Pictures

Quando vide la luce, nel 2015, Mad Max: Fury Road fu come uno schiaffo sul viso o una folata di vento particolarmente violenta. Con la sua estetica spregiudicata, i suoi costumi, la sua piccola finestra aperta su un mondo terribile e colorato - con dei codici linguistici e comportamentali completamente diversi dai nostri - questa pellicola ci ha buttati senza paracadute né spiegazioni nella Wasteland, in medias res, e ne siamo usciti cambiati per sempre, e con noi anche il cinema d'azione e di genere. Il suo prequel - che si intitola Furiosa: a Mad Max story e che arriva nei cinema italiani il 23 maggio - manca dello stesso mordente ma ci dice comunque qualcosa che vale la pena ascoltare.

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Per farla breve (e senza spoiler o quasi), questo film è l'ampia origin story del personaggio di Furiosa, precedentemente interpretato da Charlize Theron. Ci racconta la sua vita, da quando fu rapita dalla sua terra d'origine, il Green Place of Many Mothers, a quando divenne la Pretoriana che conosciamo, capelli rasati e fronte truccata di nero compresi. Il suo primo carnefice è Dementus, interpretato da un carismatico Chris Hemsworth. Con una serie di colpi di genio e dimostrazioni di fortissima determinazione, Furiosa riesce a sfuggirgli e ad arrivare alla Cittadella, dove re-incontriamo alcuni dei personaggi del film del 2015. Qui viene in contatto con le mogli di Immortan Joe e rischia di diventare una di loro. Grazie ancora una volta alla sua resilienza e all'affinità con il Pretoriano Jack (Tom Burke) riesce a cambiare la sua storia.

La mancanza di una coppia e il valore della speranza

Furiosa, al principio, viene mossa dalla volontà di sopravvivere per tornare a casa, a quel mondo verde e abbondante che ha rischiato la vita per proteggere, e come lei tantissime donne prima di lei. La vicinanza con un altro essere umano - il primo a capirla e a comprenderla da quando è stata letteralmente strappata dalle braccia di sua madre - le dona una speranza. Questo spunto è bello e interessante. La loro relazione, infatti, non viene mai esplicitata o consumata in scena. Non sappiamo e non ci serve sapere se si tratta di una questione di amore o semplicemente di affinità e di conforto, di un vedersi e uno scoprirsi che va oltre il fisico e che con la sua stessa esistenza sfida le leggi della sopravvivenza che dominano la Wasteland. In un mondo in cui per continuare vivere bisogna per forza sopraffare, nel rifiuto di farlo anche solo per un secondo sta la chiave di tutto il film, e forse anche degli esseri umani, visti come animali crudeli, senza speranza o quasi. E al quasi si aggrappa la Storia.

La salvezza sta nella solidarietà femminile?

Quando anche l'ultimo inatteso conforto le viene strappato, e con lui la speranza, Furiosa rischia di abbandonarsi a una rabbia cieca e irrazionale, che la manda avanti ma che potrebbe annullarla, che la fa delirare. A questo punto, è tenuta in vita esclusivamente dalla sete di vendetta e dalla rabbia, dal dolore e da una motivazione animalesca, inspiegabile, disperata e comunicata con i gesti e con gli occhi. A un certo punto, però, qualcosa cambia di nuovo. Allora, e qui sta il culmine di tutto il film - che è lontano dai picchi di Mad Max: Fury Road ma che, nel suo essere già scritto e anche un po' spiegato, gioca con se stesso e con i concetti di speranza, umanità e annullamento nel negativo -  riesce di nuovo e ancora a fare un passo indietro, a donarsi a una causa, a cercare la sua redenzione in una missione pratica, quella di cui abbiamo seguito lo sviluppo nel primo film, che trova la sua ragione d'essere nella solidarietà femminile e che vede le donne come qualcosa da proteggere e preservare, una palla di cristallo di luce bianca in un mondo arancione e marcio. Sappiamo già cosa succederà, ma questo non vuol dire che abbia meno valore l'aver lottato per arrivarci.