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Perché dobbiamo ringraziare Gianna Nannini

La sua testimonianza sulle molestie subite è preziosa, ma non ce ne rendiamo conto

Perché dobbiamo ringraziare Gianna Nannini La sua testimonianza sulle molestie subite è preziosa, ma non ce ne rendiamo conto

Ospite a Che tempo che fa per la promozione del suo nuovo progetto discografico, che si intitola Sei nel l'anima e ha visto la luce lo scorso 22 marzo, Gianna Nannini ha raccontato di un episodio spiacevole capitato nella sua giovinezza. Parlando di scuola e di adolescenza e pre-adolescenza con Fabio Fazio, ha rivelato di aver subito delle molestie durante le lezioni di solfeggio, a 13 anni, da parte del suo insegnante. Non solo lo ha detto, ha anche dimostrato quello che le è stato fatto sul presentatore. Senza colpo ferire e senza sentire (giustamente) neanche una briciola di imbarazzo, dopo la dimostrazione ha concluso ribadendo l'importanza di prendere sul serio questi episodi, perché se sottovalutati possono avere un peso non indifferente sulla salute mentale di chi li subisce. Un messaggio che non dovrebbe essere così rivoluzionario, ma che ancora lo è.

Le mille rivoluzioni di Gianna Nannini

Gianna Nannini, di rivoluzioni, ne sa qualcosa. La sua vita privata è avvolta da un alone di mistero e mistique, dalla figlia (che si chiama Penelope Jane ed è nata nel 2010 da inseminazione artificiale) al trasferimento a Londra con la compagna Carla, che le sta accanto da tantissimi anni, passando per il suo rapporto con il genere e la sessualità, su cui ha subito speculazioni invasive per praticamente tutta la sua carriera. A riguardo ha dichiarato: "Sono nata nel 1983, senza genere. E questo lo dico subito per evitare la solita domanda se amo le donne o gli uomini, ho già risposto, ho amato donne e uomini" chiudendo un discorso e aprendone altri mille, ma anche parlando di genere in una maniera nuova, fluida, che l'opinione pubblica italiana fa fatica a metabolizzare e forse proprio per questo è così utile.

L'importanza della testimonianza

Non ce ne rendiamo spesso conto, troppo presi da un milione di impulsi in contemporanea, troppo deconcentrati per contestualizzare. In realtà, però, questo tipo di dichiarazioni, soprattutto quelle che riguardano i racconti di molestie subite - e che siano considerate "grandi" o "piccole" non importa, anzi bisognerebbe iniziare a superare queste distinzioni, a metterle tutte in rapporto con il patriarcato - sono estremamente utili, anzi fondamentali. Aiutano a comprendere, a empatizzare, a inserire nel discorso pubblico tutta una serie di concetti da metabolizzare. Aiutano a normalizzare, intendiamoci, non le molestie, ma il concetto stesso di violazione, del gioco di potere che spesso ci sta dietro. Non è una sorpresa che queste cose accadano ad esempio tra insegnanti e studentesse, in rapporti squilibrati, subite e vissute in silenzio per non disturbare. E invece bisogna disturbare, bisogna farle emergere dalla sabbia, anche 60 anni dopo, non importa, anche senza fare nomi. Bisogna dire, e questo Gianna Nannini lo ha fatto, che queste cose sono successe e succedono anche a scuola, ovunque, continuamente, e che vanno impedite e affrontate con la giusta gravità. Girarsi dall'altra parte non deve essere più accettabile.

Tutto quello che dobbiamo alle vittime di violenza che decidono di parlare

Raccontare non è facile, anzi. Può portare con sé sentimenti di vergogna, farci sentire sporche e in torto, spaventate delle reazioni di amici, familiari, del pubblico. I traumi sono materia complessa, da affrontare in terapia più che sulla poltrona di un salotto televisivo, almeno in un primo momento. Anche per questo dobbiamo accogliere chi lo fa con gratitudine, creare uno spazio sicuro, non sporcare le loro dichiarazioni con i dubbi e la malafede. Credere a una vittima e poi essere smentiti è in ogni caso una mossa migliore (e più utile e più nuovo) di schierarsi dalla parte di un possibile molestatore. Alcune cose verranno decise in tribunale, altre invece si esauriranno sul piccolo schermo. Quello che è importante, lasciando da parte i processi, è capire l'impatto che queste persone coraggiose hanno su di noi, sul mondo in cui viviamo. Quanto ogni testimonianza, piccola o grande, sia fondamentale, un sassolino della montagna di decostruzione del patriarcato e di tutta la violenza che si porta dietro, una cosa alla volta.