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Cos'è il worry burnout e come ci influenza

L'abbiamo chiesto alle psicologhe di Oratio per capirlo meglio

Cos'è il worry burnout e come ci influenza L'abbiamo chiesto alle psicologhe di Oratio per capirlo meglio

Graphic Credits: @ikigai.media

Convivere con una pandemia globale in fase di mutazione continua significa anche creare nuove abitudini e adattarsi alle condizioni che lo stato di emergenza impone velocemente. Se per costruire un'abitudine ci vogliono 21 giorni, dovremmo già essere ampiamente a nostro agio con le mascherine, il lavoro da remoto e il bombardamento quotidiano delle notizie riguardanti il virus, eppure non è così. Un recente articolo del New York Times ha fatto luce su una realtà che affligge molte persone dall'inizio della pandemia, il worry burnout, una combinazione di diversi tipi di stress, tra cui quello ad alti livelli dato dalle nuove modalità di lavoro da remoto e dalla costante paura e preoccupazione di contrarre il virus. Abbiamo quindi contattato Oratio, un team di tre ragazze psicologhe attive nel torinese, che ci hanno guidato con il loro approccio analitico nello scomporre in piccole parti il worry burnout e guardarlo più da vicino, per averne meno paura. 

"Unendo i nostri studi all’esperienza clinica e personale abbiamo provato a suddividere gli ambiti principalmente investiti dal worry burnout da un punto di vista psicologico in tre categorie: spazi, controllo e relazioni. Queste tre categorie rappresentano bisogni psicologici fondamentali, la cui gestione è alla base dell’equilibrio mentale individuale e di conseguenza relazionale, sociale e collettivo. Sono altresì tre punti cardine della terapia psicologica la quale offre uno spazio personale e privato, riempito da una relazione nella quale è possibile lavorare sulle proprie capacità di controllo."

Partendo dalla definizione clinica di cos'è il burnout, approfondiamo dunque come questa nuova forma affligge le aree della nostra vita in modalità differente.

Cos'è il burnout?

"Il termine burnout è classicamente legato alla psicologia del lavoro, letteralmente significa bruciarsi, esaurirsi, e si manifesta con un esaurimento sul piano emotivo, fisico e mentale. Questo stress si differenzia da quello normalmente esperibile sul lavoro, perché è percepito come superiore alle capacità di adattamento dell’individuo. La pandemia ha portato alcuni studiosi ad estendere questo concetto ad un contesto non più prettamente lavorativo ma anche di vita privata, che lo rende di ancor più difficile gestione per i vari ambiti che in essa confluiscono e ne risentono (famiglia, amicizia, amore, svago ecc..). Dal punto di vista psicologico la pandemia in atto ha messo a dura prova le capacità del singolo e della collettività di mantenere un equilibrio funzionale."

Come si manifesta in come viviamo gli spazi?

"Innanzitutto occorre definire il concetto di spazio come il corpo e la salute, l'abitazione, lo spazio mentale, lo spazio interpersonale, gli spazi virtuali come le aule e i meeting e quelli fisici come le palestre e i teatri vengono toccati dal worry burnout sia in termini di invasione che di privazione. Il virus invade l’aria ed infetta lo spazio del corpo/salute, la vita privata viene invasa dal lavoro che entra prepotentemente all’interno delle nostre abitazioni con il lavoro da remoto, le sue tempistiche e richieste, mentre gli spazi interpersonali soggettivi vengono regolamentati ed imposti dalle restrizioni causando privazione allo svago e all'incontro collettivo mentre gli spazi virtuali sostituiscono gli spazi di incontro e confronto necessari allo sviluppo non solo di competenze ma anche di aspetti identitari. In questo scenario, le notizie costanti e allarmanti che ci invadono quotidianamente tramite social, televisione, giornali vanno ad intaccare lo spazio mentale personale già altamente sensibilizzato dalle nuove modalità, e possono causare burnout."

Come si manifesta nel controllo della quotidianità?

"Il worry burnout porta una sensazione di perdita del controllo causata dalla situazione di emergenza, sul futuro lavorativo e sulle proprie libertà di scelta. La pandemia ci ha messo di fronte è una totale perdita di controllo, dovuta sia alle caratteristiche del virus, che è invisibile ed ha modalità di trasmissione e variazione imprevedibili, sia per la gestione dell’emergenza, che muta e si adatta velocemente, come il virus stesso. In termini di salute mentale questo ha portato le persone a sperimentare uno stato di costante incertezza e instabilità, alla ricerca di punti fermi a cui aggrapparsi in costante cambiamento. È un meccanismo molto umano quello di cercare, dopo situazioni stressanti o traumatiche, una via di fuga o un qualcosa a cui aggrapparsi, come una calda estate in cui il virus sembra essere sparito, ed è altrettanto umano ricadere nello sconforto qualora queste prospettive vengano scalzate, come in questo momento, dal freddo inverno e da nuove varianti."

Questo alternarsi di fiducia e di momenti di totale sconforto che abbiamo vissuto negli ultimi anni, espone a paura, stanchezza, depressione ed alla ricerca continua di un senso e di una prospettiva.

Come si manifesta nelle relazioni?

"Nelle relazioni il worry burnout può tradursi nel sentirsi costantemente sotto giudizio altrui, dovendo rendere conto agli altri di ciò che si fa in caso di positività o di rischio di tale, ma anche instaurare un processo di polarizzazione che identifica un "noi" e un "voi" nel comportamento attuato per gestire l'emergenza. Questo conflitto sociale tra opinioni epidemiologiche non verificate, complottismi, prese di posizione e paura della troppa vicinanza conducono a dinamiche conflittuali anche all'interno dei contesti intimi e familiari, portando all'allontanamento o alla perdita di certe relazioni. Inoltre, quando questa distanza emotiva viene estremizzata per salvaguardare qualcuno (parenti fragili o per connettere i contagi) oppure ristretta al massimo come nei casi di quarantena in famiglia, nascono sentimenti di solitudine o di diffidenza sia nei confronti di nuovi rapporti da coltivare che in quelli già presenti nello scenario relazionale."

Come trattarlo?

"La stanza di terapia è un luogo fisico e mentale di ascolto e supporto individuale, tutelato da confini deontologici e professionali ben stabiliti. La relazione terapeutica si definisce in ruoli chiari e mira al benessere del paziente, scevra da giudizi e fondata sull’alleanza. Di conseguenza la psicoterapia ed il supporto psicologico risultano un ottimo strumento per fronteggiare le difficoltà fisiche, emotive, psicologiche e pratiche dovute al worry burnout. Vi sono situazioni in cui potrebbe essere utile trovare un tempo, uno spazio, una relazione alla ricerca delle strategie funzionali al caso singolo, in quanto ogni contesto, circostanza, situazione e personalità determinano l’unicità e la soggettività delle stesse." 

Per questo occorre rivolgersi alla propria Asl/CSM di riferimento per fissare un colloquio, chiedere una consulenza o essere orientato a figure professionali adatte. Oppure è possibile rivolgersi a professionisti privati per iniziare un percorso di supporto psicologico, come Oratio, che sono raggiungibili tramite Instagram Direct o ai contatti sul loro sito web.