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Kering dice basta ai modelli con meno di 18 anni

È l’inizio di una rivoluzione nel fashion system?

Kering dice basta ai modelli con meno di 18 anni  È l’inizio di una rivoluzione nel fashion system?

Kering non assumerà più minori di 18 anni per sfilate o shooting. La decisione entrerà in vigore a partire dal 2020, quando si svolgeranno le Fashion Week dedicate alle collezioni FW21. In una nota diffusa dal luxury group (il secondo al mondo dopo Lvmh) François- Henri Pinault, presidente e amministratore delegato, ha dichiarato:

“In quanto gruppo del lusso mondiale, siamo consapevoli dell'influenza esercitata dalle immagini prodotte dalle nostre maison, in particolare sulle generazioni più giovani. La carta sui rapporti di lavoro e benessere dei modelli elaborati da Kering e Lvmh nel 2017 ha già portato a progressi nel settore del lusso, in particolare introducendo un'età minima di 16 anni per i modelli. Questo nuovo passo segna ulteriori progressi nel continuo impegno di Kering verso le donne. 

Nello stesso documento ufficiale Marie-Claire Daveu, responsabile della sostenibilità e delle relazioni istituzionali internazionali del colosso, ha sottolineato che:

“Il livello di maturità fisiologica e psicologica di modelle e modelli che abbiano più di 18 anni appare in effetti più adatto rispetto ai ritmi e alle esigenze richieste da questa professione.”

Già nel 2017 Kering e Lvmh avevano firmato un protocollo per salvaguardare il benessere dei modelli che, tra le diverse norme, prevedeva presentassero un certificato attestante il loro stato di salute e avessero almeno una taglia 36 (per le donne) o 46 (per gli uomini). Inoltre vietava le sfilate agli under 16. Ora il limite diventa ancora più restrittivo e in molti si chiedono quale sia il reale problema nell'assumere giovani modelli. 

Se guardiamo alla storia dell’industria della moda sono tanti i talenti che hanno iniziato la loro carriera giovanissimi: Brooke Shields aveva solo 14 anni quando apparve sulla copertina di Vogue nel febbraio 1980, Kate Moss è stata scoperta all’aeroporto JFK di New York all'età di 14 anni, Chanel Iman ne aveva solo 13, mentre Naomi Campbell ha debuttato nel settore ad appena 16 anni. E che dire di Kaia Gerber che, figlia della supertop Cindy Crawford, nata nel 2001, negli ultimi anni è diventata una delle protagoniste di passerelle e servizi fotografici.

Anche negli anni Novanta, quando apparvero per la prima volta gli scatti della campagna pubblicitaria di Calvin Klein con la Moss magrissima e adolescente avvinghiata semi-nuda a Mark Wahlberg c’erano state polemiche, così come è successo tempo dopo a Vogue Paris. Il magazine pubblicò un servizio con protagoniste tre bambine (tra le quali Thylane Blondeau famosa per essere stata definita la bambina più bella del mondo), ritratte in abiti glamour da donna, tacchi alti e make-up pesante. Qualcuno giudicò quelle pose troppo ammiccanti e da adulta, a rischio di sconfinare nella pedofilia e, come risultato, la direttrice Carine Roitfeld perse il suo lavoro. 

Da allora il dibattito sulla giovane età dei modelli e su come vengono trattati è diventato pian piano più centrale. A dare la spinta è stato l'emergere dei movimenti Time's Up e #MeToo, ma anche alcuni episodi di cronaca. Il primo risale al febbraio 2017. Il direttore di casting James Scully aveva denunciato delle agenzie concorrenti per il modo in cui, durante una selezione per la PFW, avevano trattato delle giovani modelle, costrette ad attendere ore ed ore ammucchiate nella tromba delle scale di un palazzo. Il secondo fatto è di qualche mese dopo: a Shanghai Vlada Dzyuba, una modella russa quattordicenne, crollò a terra morta, stremata dopo essere stata costretta a sfilare per tredici ore. Come una valanga tutti questi eventi negativi e i movimenti di emancipazione femminile hanno travolto anche il fashion system, spingendo a raccontare esperienze negative e soprusi, persino accuse di sfruttamento sessuale come quelle che hanno colpito fotografi famosi come Terry Richardson, Mario Testino, Bruce Weber, Patrick Demarchelier e designer come Gosha Rubchinskiy. Tutti artisti banditi da Condé Nast International, casa editrice di alcune delle riviste più importanti del mondo, da Vanity Fair a Vogue. Proprio Vogue US in un lungo articolo analizza questa decisione e spiega i nuovi provvedimenti, come l'introduzione di spogliatoi privati e l'approvazione dei modelli sia per le pose che per l'abbigliamento, attuati per garantire che tutti i servizi editoriali siano spazio di lavoro sicuri, senza molestie. Riguardo l'età dei modelli si legge: 

“In riconoscimento della vulnerabilità unica dei minori gettati in una carriera dove hanno poco controllo e dove gli abusi sono stati troppo comuni, il codice di condotta del venditore stabilisce che nessuna modella al di sotto dei diciotto anni sarà fotografata per l'editoriale (a meno che non sia oggetto di un articolo, nel qual caso la modella sarà accompagnata e vestita in modo appropriato all'età)”.

Il magazine continua specificando che la moda ha sempre promosso la giovinezza come sinonimo di bellezza e usato modelli adolescenti, ma questo non è più accettabile perché, se all’epoca di Naomi questa prassi aveva ancora un senso e i modelli erano ancora trattati con un certo riguardo, oggi la professione di modello è spesso vittima di sfruttamento. 

Basta alzare il limite di età per risolvere il problema? Ovviamente no. Il fatto che ora anche Kering, un colosso da 13,6 miliardi di fatturato nel 2018 e di oltre 63 di capitalizzazione in Borsa, che include marchi della moda come Gucci, Saint Laurent o Balenciaga, si preoccupi della salute fisica e mentale dei modelli agendo per tutelarli rappresenta un importante segnale. Una piccola goccia in un mare molto più grande. Quello da smantellare o almeno da rivedere non è solo il trattamento di una categoria di lavoratori, ma un senso estetico radicato nella società che tende a far sembrare più adulti i teenager e più giovani gli adulti. 

È persino ironico se si pensa che anche i Millennial, la generazione che più spinge per rivoluzionare il sistema moda con una concezione di bellezza meno stereotipata e che promuova la diversità, siano gli stessi che hanno portato al successo l’estetica post-sovietica basata su un’immagine di modelli giovanissimi, spesso inesperti (magari trovati con street casting o su Instagram) e vulnerabili.

La realtà della moda sembra un cane che si morde la coda, un circolo vizioso pieno di contraddizioni difficili da risolvere. Le nuove norme stabilite da Kering forse non sono una soluzione sufficiente, ma almeno hanno il merito di riportare la questione al centro dell'attenzione.