200mila fiori in una chiesa di Parma: la prima installazione site-specific di Rebecca Louise Law
Curata da OTTN Projects, collettivo tutto al femminile qui intervistato da nss G-Club
30 Ottobre 2020
In occasione di Parma Capitale Cultura 2020, ha inaugurato a inizio ottobre FLORILEGIUM, la prima installazione site-specific dell'artista Rebecca Louise Law e curata dal team di OTTN Projects, collettivo tutto al femminile che dal 2018 promuove nuove modalità di operare nella scena culturale.
Potrebbe sembrare strano, perfino fuori luogo, parlare di arte e di mostre da visitare in un momento come questo, ma il progetto e più in generale la filosofia che contraddistingue OTTN Projects riflette un impegno più ampio che punta sulla cultura, sul suo significato sulla società, sul suo impatto sulla vita delle persone, come parte integrante per la ripartenza di questo Paese. Ancor di più se si pensa che dietro questo collettivo si nascondono quattro donne molto giovani, Giorgia Ori, Francesca Rossi, Erika Gaibazzi e Federica Pilloni, che negli ultimi due anni hanno lavorato per portare le opere di un'artista del calibro di Rebecca Louise Law in Italia, e che non si sono fermate nemmeno nei mesi più duri della pandemia.
Il team di OTTN Projects ha raccontato a nss G-Club la sua storia, i suoi obiettivi e le sue speranze per il futuro.
Come è nato OTTN Projects? È stata una scelta consapevole quella di creare un collettivo tutto al femminile?
OTTN Projects nasce a Parma nel novembre 2018 dal desiderio di uscire dagli schemi. Quello che ci ha spinte a fondarla è stato il pensiero di un modo di operare nella cultura che fosse autentico, fluido, e capace di trasformarsi quotidianamente come la realtà che ci circonda; avere cura di una cultura aderente al nostro tempo e alla nostra generazione; creare nel nostro piccolo una struttura di supporto per gli artisti; e infine l’idea di tornare al significato che esiste dietro ad ogni scelta, insieme alla voglia di liberarci da qualsiasi tipo di metodologia istituzionale presa per legge, e senza concedersi nessun tipo di zona di comfort. All’inizio OTTN era un contenitore di progetti sparsi e di idee forse poco solide (anche considerata la nostra età); la consapevolezza e l'identità si sono delineate nel tempo, progetto dopo progetto, come forse è giusto che sia: per ogni cosa c’è un suo tempo, e delle lezioni da imparare. Oggi, tra i ragazzi della nostra generazione, dilaga una grande paura di commettere errori e del giudizio possibile giudizio altrui, ma se non si prova la ‘mossa zero’ non si andrà mai oltre il momento zero... Ecco, poche volte abbiamo avuto paura! Proprio in questi giorni, insieme ad amici e artisti, stiamo scrivendo un Manifesto al quale siamo arrivate con il tempo; è la voglia di segnare un momento guadagnato con coraggio.
Siamo quattro donne, una scelta assolutamente consapevole presa con la speranza di essere un esempio per altre giovani donne; è un messaggio per le ragazze, un modello alternativo a quello mainstream, e insieme la voglia di contribuire, stando in prima linea, a far vedere che giovani donne possono ricoprire qualsiasi ruolo. E’ una battaglia costante contro l’assessore di turno, il grande impresario locale, la battuta del notaio, e quelle di altre centinaia di professionisti con cui veniamo giornalmente a contatto per portare a termine i nostri progetti. Ed ogni giorno, siamo chiamate a dover spiegare o dimostrare qualcosa a qualcuno... solitamente parliamo poco e lasciamo che siano le nostre azioni a farlo per noi. Perdere la forza, e un po' di energia è normale, ed è esattamente quello che noi donne siamo invitate, dalla nostra società, a fare; ed è per questo che speriamo che la nostra esperienza sia invece la dimostrazione del contrario. Il perché siamo tutte donne è una domanda che ci viene posta spesso, probabilmente se fossimo un team tutto al maschile nessuno se la porrebbe, o sbaglio?
Ci raccontate un po’ di FLORILEGIUM e di Rebecca Louise Law?
Florilegium è la prima installazione site-specific in Italia di Rebecca Louise Law, un’artista inglese di fama internazionale. Come collettivo lavoriamo a questo progetto da oltre due anni, e siamo riuscite a portarlo a termine quest’anno - il che è strano da dire visto il periodo così particolare. Forse proprio a causa del momento storico che stiamo vivendo, le persone hanno reagito con grande entusiasmo e il loro incontro con l’opera è stato incredibile; sono arrivate oltre 8000 persone quest’estate grazie al passaparola. L’opera composta da 200.000 fiori, simbolicamente uno per ogni cittadino, è allestita all’interno dell’Oratorio di San Tiburzio, a Parma e sarà visitabile gratuitamente fino al 19 dicembre. Lavorare a questo progetto ci ha insegnato molto: dal rapporto con un’artista di questo calibro, al delicato equilibrio con i collaboratori esterni, all’incontro estasiante con il pubblico. Curare mostre di questo genere ci ha permesso di avere la possibilità di lasciare un segno concreto in persone, ci siamo riuscite e questo è difficile da interiorizzare; sicuramente ti fa toccare con mano l’importanza del nostro mestiere e quanto è cruciale educare alla complessità. Per ogni dieci persone che entrano in mostra facciamo un piccolo tour di qualche minuto, ovviamente gratuito, in cui fondamentalmente raccontiamo alle persone ciò che vedono, senza dargli un significato scritto, senza indirizzarli verso un’emozione o una nozione: gli diamo totale libertà sia concettuale che di movimento, e per qualche minuto vedi che in molti qualcosa cambia, nei loro occhi e nel modo in cui guardano. Altri ancora vengono per farsi delle fotografie, e altri camminano verso l’uscita quasi subito dopo essere entrati: non c’è comunque giudizio da parte nostra. Qualche giorno fa è entrato un gruppo di 10 ragazze delle medie, hanno fatto fuga da scuola per venire a vedere la mostra, una di loro aveva la matita nera messa in modo molto originale e ci ha detto che vuole diventare un’artista; nessuna di loro ha fotografato nulla ad esempio, si sono sedute in mezzo alla sala, hanno guardato l’opera, ogni tanto ridevano e poi sono uscite. Un mese fa circa invece è entrato un uomo che aveva da poco perso la figlia, e si è commosso sotto questa cascata di fiori. Per noi questo è sufficiente a continuare a fare quello che facciamo.
Tra i vostri obiettivi c’è quello di portare l’arte fisicamente più vicina alle persone. Come vi siete reinventate durante il lockdown e come vedete i prossimi mesi?
Avendo noi sempre avuto un rapporto sano con la tecnologia non abbiamo sentito il bisogno di reinventarci. In realtà il lockdown è stata una grande possibilità, un’occasione per vedere le cose da un’altra prospettiva e credo che per tutti sia stato, in un modo o in un altro, un’esperienza estremamente importante a livello personale. Ci ha fornito certezze riguardo ad alcuni progetti, e ne ha brutalmente smascherato altri: era necessario e sano. Le nostre modalità di lavoro sono sempre state da remoto non vivendo tutte nella stessa città (Parma, Milano, Roma) e non avendo una sede fisica da quel punto di vista non ha cambiato le cose. I meetings però hanno sempre tenuto conto di un tempo diverso e ci siamo prese un primo mese off. Abbiamo utilizzato questo tempo per rivedere dei progetti, capire se fossero ancora rilevanti, e ci siamo dedicate al programma del 2021, ma principalmente abbiamo vissuto il tempo per quello che era, cercato di assorbire il presente e capito in che contesti o ambiti fosse utile sviluppare una ricerca significativa. Il dialogo con chi ci segue è stato attivo, sia attraverso domande live, sia attraverso talks curati sul nostro canale Youtube, nei quali toccavamo in modo informale tematiche scientifiche e filosofiche con professionisti provenienti dai diversi settori. Per quanto riguarda il portare le opere d’arte fisicamente vicino alle persone... significa spronarle a fare un movimento verso la cultura, e incontrarsi a metà strada: non può essere unilaterale. Questo momento di contatto prezioso, che poi è la connessione e la capacità di creare connessioni, è fondamentale. Tutto passa attraverso l’empatia e quindi lo scambio: con lo scambio avviene un cambiamento, un arricchimento interpersonale, e una trasformazione che è prima di tutto nostra e di chi la vive con noi. A volte per scherzare ci definiamo un’agenzia di viaggi... perchè ci facciamo davvero tantissimi viaggi!
Come scrivete anche sul vostro sito, la cultura è essenziale per il progresso. Secondo voi che ruolo avranno l’arte e la cultura nella ripartenza del nostro Paese?
Per noi cultura ha un’accezione che influenza il modo in cui viviamo, andando ben oltre il concetto di quadri e musei. La cultura è la capacità di andare a indagare le cause delle cose e non perdersi tra le innumerevoli conseguenze. Gran parte di questa “ripartenza” non ha tenuto in considerazione questioni di primaria importanza, come la cura per l’ambiente dal quale traiamo risorse o la sostenibilità della nostra società. Su un piano più immediato, la cultura è identità, del singolo e della collettività, e quindi ci dovremmo chiedere se ci rappresenta, e se le istituzioni sono in grado di soddisfare i bisogni e le aspettative delle nuove generazioni (nelle quali riponiamo grandi speranze!). Ci piacerebbe che il mondo dell’arte facesse più rumore e fosse più impegnato. Sarebbe bello essere d’accordo nel dare il giusto peso a bisogni immateriali e la giusta importanza alle relazioni con l’altro, con il mondo, con l’ambiente che ci circonda e con la natura di cui siamo figli. Perché la cultura è reale solo quando è realmente rivolta a noi, a una comunità che partecipa attivamente al cambiamenti, da qui il nostro paese deve ripartire.